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Le ricerche di Gerona 2005

(13-04-2018) Acqua in bottiglia: trovati microframmenti di plastica in quella che beviamo




L’acqua che beviamo tutti i giorni contenuta nelle comuni bottiglie di plastica potrebbe non essere così pura. Insieme con questo bene prezioso, infatti, potremmo introdurre nel nostro organismo anche dei microframmenti, tanto piccoli da essere impercettibili, di plastica. A sollevare dubbi sulla sicurezza del bere è un’indagine commissionata dal progetto giornalisticoOrb Media, che ha fatto analizzare il contenuto di alcune bottiglie trovando microplastiche nella maggior parte dei campioni. Un risultato su cui è intervenuta anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che, evitando allarmismi, ha annunciato future ricerche in merito agli effetti sulla salute, di cui ancora si sa poco.

L’analisiè stata condotta dall’università statale di New York a Fredonia su 259 bottiglie di 11 marche comprate in 9 nazioni dagli Stati Uniti alla Cina passando per l’India, ma senza toccare l’Europa. Gli esperti hanno rinvenuto in ogni litro una media di10 particelle dalle dimensioni di 100 micron, come il diametro di un capello. La presenza di tali frammenti – evidenziano i ricercatori – è doppia rispetto a un’analisi condotta nei mesi scorsi sulle acque di rubinetto. Sono inveceoltre 300 le particelle ancora più piccoletrovate in ogni litro. Capire l’origine di questa plastica non è impossibile.

“Leggendo l’analisi si vede cheil 54% dei frammenti più grandi è di polipropilene, il materiale con cui sono fatti i tappi, mentreil 6% è Pet, di cui sono fatte le bottiglie”, osservaLoris Pietrelli, scienziato dell’Enea e docente al dipartimento di Chimica dell’università Sapienza di Roma. “Ciò lascia presumere che la plastica provenga proprio dalle bottiglie, o in fase di produzione o a causa di un cattivo stoccaggio”.

Il problema va ben oltre l’acqua minerale, e riguarda ad esempio i pesci, che ingeriscono frammenti in mare e li portano nei nostri piatti. Col passare del tempo “le microparticelle diventano nanoparticelle ed entrano nella catena alimentare. Ne sono state trovate tracce nel fegato del pesce spada”, spiega Pietrelli. Molti frammenti sono resistenti, ma se arrivano nel tubo digerente già degradati, “i succhi gastrici li degradano ulteriormente, e cosi’ possono entrare in circolo attraverso il sangue, ad esempio”.

A fronte di questo, “a tutt’oggi non esiste una casistica, un’indagine, né metodi analitici totalmente affidabili”, evidenzia Pietrelli. A livello normativo “siamo scoperti, non abbiamo limiti, né per i depuratori, né per la salute”. Ammette le carenzeBruce Gordondell’Oms: intervistato dalla Bbc, ha annunciato ricerche sui rischi potenziali per l’uomo. “Non voglio allarmare nessuno”, ha sottolineato. “Dobbiamo capire se questi frammenti sono pericolosi e se sono presenti nell’acqua in una concentrazione pericolosa”.

Fonte. nutrieprevieni.it

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